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Dal grano al pane, i prezzi sono decuplicati

Un chilo di pane in Italia è acquistato dai cittadini ad un valore medio di 3,2 euro al chilo

Dal grano al pane, i prezzi sono decuplicati
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Dal grano al pane, i prezzi sono decuplicati. Le quotazioni record raggiunte dal grano si trasferiscono a valanga sul carrello della spesa. I prezzi aumentano di 10 volte dal campo al pane sugli scaffali. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia che il prezzo del grano tenero per la panificazione ha raggiunto i valori massimi del decennio e sulla base dei contratti future nei listini del Chicago Bord of Trade (CBOT), il punto di riferimento internazionale per il mercato future delle materie prime agricole.

Dal grano al pane, i prezzi sono decuplicati

Un chilo di grano tenero in Italia è venduto a circa 32 centesimi mentre un chilo di pane è acquistato dai cittadini ad un valore medio di 3,2 euro al chilo con un rincaro quindi di dodici volte, tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito. Ad incidere sul prezzo finale sono altri costi come dimostra anche l’estrema variabilità dei prezzi del pane lungo la Penisola mentre quelli del grano sono influenzati direttamente dalle quotazioni internazionali. Se a Milano una pagnotta da un chilo costa 4,25 euro, a Roma si viaggia sui 2,65 euro mentre a Palermo costa in media 3,07 euro al chilo secondo elaborazioni Coldiretti su dati dell’Osservatorio prezzi del Ministero dello Sviluppo economico a settembre

I prezzi al consumo

Peraltro i prezzi al consumo non sono mai calati negli ultimi anni. Nonostante la forte variabilità delle quotazioni del grano, che per lungo tempo sono state al di sotto dei costi di produzione. Con il grano sottopagato agli agricoltori negli ultimi 4 anni si è passati da 543.000 ettari di grano tenero coltivati in Italia agli attuali poco meno di 500.000 ettari per una produzione di circa 2,87 milioni di tonnellate con l’aumento della dipendenza dall’estero che ha raggiunto addirittura il 64% del fabbisogno, sul quale ora pesa il calo delle produzioni in Russia e Ucraina per effetto del clima.

E il futuro?

E a preoccupare sono le prossime semine con i costi che sono raddoppiati per gli agricoltori. Sono costretti ad affrontare rincari fino al 50% per il gasolio necessario per le attività che comprendono l’estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione. Ma ad aumentare sono pure i costi per l’acquisto dei fertilizzanti delle macchine agricole. E dei pezzi di ricambio per i quali si stanno verificando addirittura preoccupanti ritardi nelle consegne. Per ridurre la volatilità e stabilizzare i prezzi occorre realizzare rapporti di filiera virtuosi con accordi che valorizzino i primati del Made in Italy. E garantiscano la sostenibilità della produzione in Italia con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti. Una necessità per ridurre la dipendenza dall’estero da dove oggi arrivano oltre 6 chicchi di grano su 10 consumati in Italia.

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